The Eichmann Show

Un film che parte dall’analisi mediatica del processo ad Adolf Eichmann, tenente colonnello delle SS, considerato l’organizzatore del trasporto degli ebrei nei campi di concentramento. 
Sfuggito al processo di Norimberga, riparò in Argentina sotto falso nome. Nel 1960 fu rapito dal Mossad e condotto in Israele per affrontare il processo come criminale di guerra. Fu condannato a morte e impiccato nel 1962.

Il film parte bene perché si pone come un’analisi mediatica del processo. Il processo fu ripreso da telecamere. Venne così creato uno spettacolo vero e proprio, voluto dal neonato stato d’Israele sul processo. La sensazione iniziale è quella di un film che voglia indagare in modo nuovo su un tema assai rappresentato nel cinema. Man mano che il film prende corpo invece, si arrotola sulla speculazione politica del tema del genocidio, perdendo di vista la visuale sulla globalità degli eventi e concentrandosi sui rapporti personali fra i personaggi e l’impassibile carnefice nazista alla sbarra degli imputati, nell’attesa della sua caduta. Unico filtro in questa visione mono direzionale sono gli schermi della regia in cui i nostri personaggi risiedono.

L’intento iniziale di analisi mediatica svanisce a favore di una speculazione sui filmati dell’epoca, quando le truppe alleate filmarono le condizioni dei prigionieri nei campi di sterminio. La bella fotografia, il bel montaggio e interpreti all’altezza, non salvano il film dalla banalità di una presa politica fin troppo facile: i buoni da una parte e il cattivo dall’altra, che alla fine cade.

Il film non racconta i fatti in maniera reale ma pubblicizza un’ideologia senza nascondersi troppo. Il dialogo fra la Sig.ra Landau rifugiata cecoslovacca e Leo Hurwitz, il nostro protagonista che, domandando alla signora se quella terra fosse stata prima degli arabi, si sente rispondere: “La volevamo di più noi”, è un esempio di come questo film incarni un’ideologia estrema, senza prendere in considerazione nient’altro che un univoco punto di vista, quello di Israele, giustificando totalmente le scelte politiche attraverso la speculazione sui massacri.

Se Andrew Williams avesse voluto girare un film più analitico, come pare presentarsi all’inizio, avrebbe potuto narrare di fatti come ad esempio il rapimento di Eichmann in Argentina, che è andato contro ogni diritto internazionale.
Un’altro punto é di come il processo sia stato montato su crimini contro l’umanità ovvero contro gli ebrei, quindi abbiamo le vittime che giudicano il carnefice. Ciò compromette qualsiasi imparzialità di giudizio.

Nel film si rileva l’importanza dell’audience dello spettacolo del processo, che rischia di perdere il suo pubblico a fronte della concentrazione dei media sul lancio nello spazio di Jurij Gagarin e della crisi Cuba USA. 
I temi accennati nel film rimangono comunque timidi, privi di sviluppo  e soffocati dall’insistente ripetizione dei filmati della liberazione.
Film ben confezionato ma ideologicamente scorretto che inciampa su se stesso.

Il tema che affronta è assai delicato e merita molto di più della rappresentazione ideologica di un film della Marvel con i buoni contro i i cattivi che vengono sconfitti.


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